E’ una metafora di una nota canzone che ho fatto mia e che mi interroga sull’aprire o meno le proprie porte nei momenti più impensati e anche più bui.
“APRI TUTTE LE PORTE” è’ una provocazione che spinge di fatto a fare un esame sul mio vissuto dentro il mio vero sé per riuscire a capire dove le mie porte sono rimaste chiuse o si sono aperte.
In questo periodo storico, durante la pandemia, l’immigrazione e la guerra, le “porte” assumono un’altra metafora. Sono quelle delle nostre vite, delle nostre case, rimaste chiuse con forza per non far entrare una malattia, uno sconosciuto, e ora si riaprono per accogliere chi fugge da una guerra (anche se non è così per tutti).
La raccolta di queste immagini ha un finale provocatorio ed è il mio finale, la mia riflessione su come sono o dovrebbero essere le “mie” porte, di casa e del cuore.
It’s a metaphor for a well-known song that I made my own and that questions me about whether or not to open one’s doors in the most unexpected and even darkest moments.
“APRI TUTTE LE PORTE” is a provocation that actually pushes me to examine my experience within my true self to be able to understand where my doors have remained closed or have opened.
In this historical period, during the pandemic, immigration and war, the “doors” take on another metaphor. They are those of our lives, of our homes, which remained forcefully closed to prevent an illness or a stranger from entering, and now they are reopening to welcome those fleeing from a war (even if this is not the case for everyone).
The collection of these images has a provocative ending and is my ending, my reflection on what “my” doors, of home and heart, are or should be.